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Per pura combinazione il 1903 è stato l’anno in cui sono divenute operative due Aziende americane, ormai centenarie: la Ford Motor Company e la Harley Davidson Motor Company. La coincidenza vuole che anche la ragione sociale fosse formulata nel medesimo modo: ma non basta. Entrambe le Aziende, mai legate da alcuna joint-venture, hanno sapientemente ed abbondantemente utilizzato l’identica politica commerciale, quella basata sulla tacita approvazione di qualsiasi modifica apportata alle proprie creazioni, purchè rimanesse ben chiaro l’originale Marchio di Fabbrica, soprattutto in caso di vittoria in una qualsiasi competizione sportiva.

E’ molto probabile che Mr. Henry Ford conoscesse, in qualche modo, i fratelli Davidson e Mr. William S. Harley o viceversa, ma non risulta  si sia mai realizzato un qualche tipo di scambio di idee. Il fatto è un altro: proprio l’idea è identica ed è proprio questa idea che ha favorito due irripetibili fenomeni di costume basati esclusivamente sul libero (liberissimo) utilizzo di un prodotto commerciale, ben al di là di qualsiasi filosofia di progetto od intenzione del Costruttore.

All’epoca, primi due decenni del secolo scorso, l’uso di un mezzo meccanico che permettesse di scegliere e variare autonomamente la destinazione e che consentisse di viaggiare a velocità più alta di quella raggiunta dai mezzi di trasporto “di massa” era letteralmente “elettrizzante”. Talmente esaltante da suggerire, dopo qualche centinaio di miglia percorse in sella ad un motociclo od al volante di un’automobile, la possibilità di compiere imprese mai tentate da altri, quali l’attraversamento di un Continente od il superamento di un Record appena stabilito.

Parlando di motociclette è abbastanza usuale sentir affermare che la “due ruote” suggerisce un più pronunciato senso di libertà, probabilente perchè molto simile, anche come postura del conducente, al cavallo, per secoli e millenni abbinato quasi automaticamente al concetto di libertà e velocità. Pur risentendo di limitazioni (comprese e comprensibili) dovute alle dimensioni ridotte, rispetto o quelle di un’auto, l’intraprendenza dei “bikers” (esattamente pari a quella degli hot rodders) non accetta e non accettava preconcette limitazioni, soprattutto se esclusivamente teoriche, riguardo alle prestazioni raggiungibili.

Stabilito questo irrinunciabile principio, quando qualcuno osava sostenere che l’automobile godeva di maggior autonomia, o poteva raggiungere una velocità più alta o meglio resistere agli strapazzi di un lungo percorso, si doveva automaticamente aspettare la proposta di una sfida per “dimostrare con i fatti” la fondatezza dell’affermazione. La rivalità tra drivers e bikers divenne, così, un dato di fatto quasi naturale, tanto che si contano, oltre cent’anni dopo l’apparizione di mezzi meccanici utilizzabili, pochissimi personaggi capaci di stabilire primati al volante od in sella, indifferentemente.

Uno di questi è Erwin George “Cannon Ball” Baker, primo recordman della traversata Los Angeles-New York, nel 1915, con il tempo di 11 giorni e 7 ore, al volante di una Stutz Bearcat. Nel 1928, sempre inseguendo la sua mania di collezionare records, dimostrò che era possibile battere anche l’ultimo gioiello delle Ferrovie americane (il “New York Central 20th Century Limited”) sul percorso tra New York e Chicago. Tra i suoi 143 records documentati figura anche una traversata non-stop degli U.S.A. in 53 ore e mezza al volante di una Graham-Page 57 Blue Streak 8, nel 1933, con un unico “sonnellino” di mezz’ora. Non contento, si fece ingaggiare dal Team della Indian, aumentando a dismisura il suo palmares e ripetendo anche sulle due ruote alcune imprese già coronate al volante di un’auto.

In linea teorica e sotto il profilo tecnico, la moto ha un vantaggio praticamente incolmabile, sull’auto: il più favorevole rapporto peso-potenza. E’ possibile rendersene conto, senza tirare in ballo astrusi calcoli, considerando che un millecinque, quattro cilindri a quattro tempi, consente prestazioni irraggiungibili sotto il cofano di un’auto, quando montato su una moto: purtuttavia il limite si raggiunge, a parità di architettura e di cilindrata, aumentando quest’ultima oltre i due litri e mezzo, tre litri. La dimostrazione si è avuta quando i bikers impegnati nella drag race pensarono di poter utilizzare lo “small block” (8V automobilistico di oltre cinque litri) tra le travi dei loro telai al fine di meglio e più accelerare. Perchè anche in accelerazione, nei primi anni cinquanta, era possibile opporre moto ad auto, e finchè le auto non usarono compressori volumetrici e combustibili speciali, la moto era vincente, sempre.

Le imprese di “Cannon Ball” Baker furono riesumate nel 1962, senza clamori, in un ambiente che molto ricordava quello delle strade sterrate del 1930: la parte messicana della Penisola di California, attraversata, da Nord a Sud, dalla Mission’s Road (strada delle Missioni), un semplice sentiero appena tracciato, originariamente percorso, oltre duecento anni prima, dai Frati Missionari, a piedi od a dorso di mulo. Dave Ekins e Bill Robertson, entrambi si Honda 250 Scrambler, percorsero le quasi mille miglia di deserto lunare in 39 ore e 56 minuti, aprendo la via all’organizzazione del Rally non-stop per eccellenza, negli U.S.A.: il Baja 1000, prima edizione partita il 1 Novembre 1967.

Infine non si può pensare che i bikers non decidessero di stabilire la velocità massima di una moto sulla magica distesa dei Bonneville Salt Flats. Ab Jenkins, futuro co-organizzatore degli annuali Bonneville Nationals, fu tra i primi a d utilizzare “the Salt”, nel 1907, in sella ad una Yale, raggiungendo, pare, le 60 miglia all’ora, circa i cento all’ora, ma non è dato sapere con precisione, su quale distanza e con quale tipo di cronometraggio.

Il biker ha sempre rifiutato di far parte del fenomeno “hot rodding”: non gli piacciono le definizioni. Personalmente sono convinto che se fossero mancati i bikers, forse, di hot rodding si potrebbe disquisire in tutt’altro modo. Quanto meno, ne mancherebbe una parte. Il loro contributo, pur se non sostanziale, è stato, in qualche modo, determinante.

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