Custom car significa, letteralmente, auto in costume e può essere considerata una fuoriserie realizzata artigianalmente, come tutti gli altri hot rods. Sotto il profilo della classificazione (molto specifica soprattutto nei primissimi anni sessanta) la custom car deve avere una carrozzeria realizzzata da una fabbrica di automobili dopo il 1948. Le custom cars hanno origine da una restrizione regolamentare dettata dalla South California Timing Association la quale, dopo l’introduzione di carrozzerie profilate aereodinamicamente (esempio classico la Ford coupè 1936) realizzate a Detroit, proibì la loro partecipazione ai meetings di velocità essendo che hot rod (contrazione di hot roadster) potevano solo essere carrozzerie “roadster”. La Roussetta Timing Association approfittò della restrizione per ammettere queste vetture ai propri meeting di velocità, ma una grande maggioranza di street rodders preferì applicare le tecniche di modifica al profilo generale della carrozzeria (abbassamento sul telaio, taglio del padiglione, restringimento della sezione frontale) per esibire su strada auto relativamente recenti (e molto diffuse) che presentavano un look più aggressivo per usarle quotidianamente.
Dopo le modifiche alla carrozzeria ed alla verniciatura standard, si iniziarono a mettere le mani negli interni, nel cofano motore, nel bagagliaio e persino nel sottoscocca.
In pratica una custom car è la totale rivisitazione, secondo canoni estetici personali, di una vettura in regolare produzione: le cromature possono essere aggiunte od eliminate; la verniciatura è frutto di un laborioso processo di preparazione e rifinitura che può richiedere, per ottenere l’effetto ottico desiderato, anche più di quaranta mani di vernice; l’abitacolo è totalmente spogliato e ricostruito anche usando componenti di ultima generazione su una vettura di cinquant’anni; la motorizzazione è, generalmente, quella originale ma curata a livello maniacale sotto il profilo del’efficienza e del look (con abbondante impiego delle cromature e/o di particolari cromati); il bagagliaio è generalemnte rivestito in armonia con l’abitacolo e dotato di accessori quali trousse surdimensionata di attrezzi, taniche per olio, acqua e benzina; il comfort a bordo è assicurato da condizionatori d’aria autocostruiti, strumentazione personalizzata ed impianti di riproduzione del suono che seguono i gusti del proprietario; infine il sottoscocca è generalmente cromato di modo che l’esibizione in uno Show consenta di esaltare al meglio la cura impiegata in “tutta” la vettura.
La custom car era (fine anni cinquanta, primi anni sessanta) classificata secondo rigorosi principi riconosciuti in tutti gli Stati Uniti, specie nell’assegnazione dei premi messi in palio negli Shows: Mild, Moderate, Semi, Full e Radical customs costituivano vere e proprie Categorie basate sulla progressiva elaborazione della carrozzeria che poteva, o meno, consentire il riconoscimento del modello di auto dal quale il customizer era partito. Finchè si arrivò alla realizzazione di esemplari unici realizzati da zero (from scratch) che potevano non avere nulla a che fare con qualsiasi auto mai prodotta: le show-cars di quegli anni potevano riprodurre una locomotiva od una cabina telefonica, un carro funebre od una sala da bagno su ruote.
Molto probabilmente quegli eccessi determinarono la fine dell’epoca d’oro delle esibizioni organizzate e consentirono la nascita delle street-machines, veicoli sempre modificati, soprattutto nella meccanica e telaistica, ma senz’altro più adatte ad essere guidate su strada.
La custom car è oggi ritornata di moda, soprattutto come veicolo daily-driven, ma è anche un impegno per i collezionisti che tentano di riportare alle condizioni originali vecchi esemplari dimenticati e/o abbandonati: anche ai giorni nostri, comunque, le esagerazioni non mancano: i più recenti vincitori degli Show tradizionali sono vere “concept car” realizzate su ordinazione, il cui costo può ruotare intorno al milione di dollari.
Originalmente la custom car era costruita, come lo hot rod, nel garage di casa, dal proprietario: nel 1947 a Los Angeles, però, erano già operativi e fiorenti almeno una dozzina di “Custom Shops”, carrozzerie specializzate nella realizzaione di interni personalizzati ed in lavori di carpenteria metallica oltrechè in verniciature particolari. Il successo di un Custom Shop era basato sulla personalità artistica o sull’abilità manuale di uno o due hot rodders che avevano iniziato l’attività fornendo ad amici il medesimo tipo di modifica applicato al loro hot rod od alla personale custom car: il passa-parola nell’ambiente l’unico mezzo promozionale che poteva procurare i Clienti. Il più antico Custom Shop di cui si abbia notizia certa è il Carson’s Top Shop, specializzato nella realizzazione di capotes in tela imbottite ed abbassate, già noto alla fine degli anni venti del secolo scorso. Altri customizers, dai fratelli Sam e George Barris ai contemporanei Coddington e Trepanier, si sono affermati anche attraverso la fabbricazione di veicoli impiegati in films e serial televisivi che sostituiscono, nel circuito espositivo, le show cars di un tempo.
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