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L’immagine sopra spiega, più di tante parole, la sostanza della gara di accelerazione ad handicap, o Elapsed Time racing, E.T. racing.

I due veicoli sono profondamente differenti in quanto ad architettura (una covered wheels contro una open wheels); l’allineamento avviene sempre all’altezza delle ruote anteriori, perchè anche le cellule successive interromperanno il fascio luminoso al passaggio delle anteriori.

E.T. racing può essere definito come una forma “evoluta” di drag racing.

E.T. Racing è una forma verbale ritenuta più “elegante” di bracket racing: questo il parere, evidente, della N.H.R.A. La sostanza è leggermente diversa: le due forme verbali sottintendono due modi di gestire i tempi, alquanto differenti tra di loro.

Sempre per capire, riprendiamo l’esempio della Mustang e della Charger proposto in “The Race”: ipotizziamo, ora, che il divario di 2”.00 a favore della Charger, derivi da due indexes riportati in un immaginario rulebook: 14”.30 per la Charger, 16”.30 per la Mustang (è tutto frutto di supposizioni non attendibili, con intento esclusivamente esplicativo).

Dopo aver disputato un certo numero di confronti con l’amico sulla Mo.Par, il fan della blue-oval si rende conto di aver affinato la propria “tecnica di guida”: in parole povere i suoi R/T (reaction time) sono più bassi di quelli dell’avversario e, magari, verifica un limite effettivo nell’ E.T. (elapsed time complessivo) attorno ai 16 secondi e 15 centesimi, ovvero, non può scendere sotto 16”.15 “qualsiasi cosa faccia”.

Prima precisazione: nell’ipotesi i due corressero nelle Classi STOCK, SUPER STOCK, SUPER COMP, SUPER GAS e SUPER STREET N.H.R.A. lo sconfinamento “sotto” l’index di Classe provocherebbe l’eliminazione del Pilota alla guida della Mustang, salvo alcune eccezioni previste nel rulebook N.H.R.A. (sezione “Race Procedures”): foul (luce rossa) dell’avversario, ad esempio, o identica misura dello sconfinamento per entrambi i Concorrenti (la Charger è cronometrata a 14”.15 quindi anche lei è “sotto” di 15 centesimi di secondo rispetto all’index di Classe).

Ritornando al Pilota della Ford, la possibilità di tagliare la finish lane prima della Charger lo stuzzica e “butta lì” la dichiarazione: “nella prossima tornata ti batterò, farò registrare 16”.15!”. In linguaggio bracket significa avere un dial-in di 16”.15: anche lo starter deve saperlo, ed in una gara ben organizzata, sul parabrezza della Mustang sarà scritto il tempo dichiarato per quella tornata, al fine di consentire agli Officials nella timing tower di inserire i dati nel computer.

Il Pilota della Dodge ha due possibilità: mantenere il suo Index di Classe o dichiarare un tempo diverso, più alto o più basso dell’index ufficiale. Vediamo le conseguenze. Uno scarto di quindici centesimi di secondo, di soli cinque centesimi o nessuno scarto presuppongono che “anche” il pilota della Charger sia “assolutamente” sicuro della propria macchina, delle possibilità di controllarne la progressione e di saper gestire al meglio launch e one second out: non può basarsi soltanto sulla speranza.

Per ottenere questi risultati i due amici-avversari dovranno compiere un check-in preliminare ed accuratissimo di meccanica e telaistica, dopo aver ben studiato i rispettivi time slips, e concentrarsi “allo spasimo” solo su quella tornata al fine di non commettere errori.

In pista burnout e staging dovranno essere effettuati alla perfezione, ma non basta: il pilota della Mustang “deve” saper gestire non solo la propria condotta di guida, ma anche saperla regolare in base alla posizione della Charger su tutti i 1320 piedi di strip (altrettanto vale per l’avversario, è logico). In altri termini deve poter e saper visualizzare due secondi e quindici centesimi (nel caso la Dodge abbia mantenuto l’index ufficiale) in ogni istante della gara. Una valutazione errata, in qualsiasi direzione, possono portarlo a scendere sotto i 16”.15 (ammesso che gli sia possibile) o, al contrario, a favorire l’avversario, meglio concentrato, il quale potrebbe essere più “regolare” di quanto non abbia dato a vedere nei runs precedenti. In effetti la psicologia, propria e del rivale, sono elementi basilari nella gestione di una bracket race: basti pensare ad una gara in cui il Pilota della Mustang dovesse avere altri quattro o cinque confronti con sconosciuti che potrebbero giocare su un’esperienza più esercitata ed approfittare, anche, dell’aspetto poco curato della loro macchina...

Non mancano i cosiddetti “tips and tricks” (regole e trucchi) messi regolarmente in pratica: per esempio l’importanza degli specchietti retrovisori laterali e la loro inclinazione, che consente di “vedere” materialmente l’altra macchina, sempre. Oppure l’impiego di ghiaccio secco (raccolto in una maglietta) attorno al condotto di aspirazione ed al carburatore allo scopo di ottimizzare la temperatura dell’aria (e ossigeno) che entrano nel motore.

Effettivamente più tranquillo è gareggiare in base ad handicaps validi per tutti. Prendiamo il caso della proclamazione dello Stock Top Eliminator, il migliore nella Categoria STOCK, tra tutte le Classi. In questa eventualità, che si verifica in ogni gara di Campionato, si tratta di stabilire chi sia il “migliore” (più pronto e dotato di “consistency”, regolarità nelle prestazioni) tra tutti i Top Eliminators proclamati in ognuna delle Classi Stock. La regolazione dell’accensione sull’albero di natale si basa sugli indexes più recenti (National Dragster li pubblica settimanalmente) ed i Concorrenti opposti in ogni singolo run devono soltanto mantenere il vantaggio o gestire lo svantaggio senza la preoccupazione del break-out (pericolo che tuttavia esiste, ma non pressante come nel bracket racing).

Agli occhi del pubblico, quando l’accensione è visibilmente sfalsata (un secondo o più) tra le due corsie, lo spettacolo dell’ handicap racing è anche più godibile, con la macchina partita successivamente che tenta di agguantare il fuggitivo più lento ed i tabelloni che proclamano immediatamente il risultato.

Se fosse possibile stilare una classifica, in base alle difficoltà oggettive della tornata, il mio giudizio è:

drag race “head up start”, la più affrontabile e facile da capire; “the easiest to understand” (2006 Fan Guide, pag. 85);

handicap racing (o E.T. racing), media difficoltà; “must try to run the number” (come sopra):è obbligato a tentare di fare il tempo.

bracket racing, quella che presuppone la maggior esperienza in competizione; “to predict how many seconds...” (come sopra); deve dire prima in quanti secondi correrà...

Come si può agevolmente capire anche la N.H.R.A. è del medesimo parere.

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