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La visione delle Floating Mountains all’orizzonte e la desolazione di una piana sconfinata, totalmente deserta di ogni segno di vita vegetale ed animale, sono elementi che aiutano la concentrazione e rendono perfetto l’ambiente per un record di velocità su terra. La mancanza di segni di riferimento riconoscibili (esclusi i cartelli misuratori e la Long Black Lane) minimizza in qualche maniera la sensazione della velocità effettiva. In modo unico ed irripetibile lo spazio enorme ed inusuale dei Bonneville Salt Flats ne fa l’ambiente ideale per provare, in tutti i sensi, i limiti della propria voglia di correre: questo il motivo per cui può essere definito l’unico e vero Tempio della Velocità esistente in Natura.

Non tutti i tentativi di record si sono svolti in questo sito, soprattutto perchè i più recenti traguardi hanno avuto bisogno di uno spazio ancor più sconfinato: ciònonostante proprio qui è stato possibile al maggior numero di esseri umani (donne ed uomini) provare questa senzazione unica.

Il progetto per il superamento di un record di velocità inizia sempre con il superamento di un preconcetto: la presunta mancanza di una risposta ragionevole al quesito “perchè?”.

E’ convinzione diffusa tra i “tecnici del motorismo” che il record di velocità (su terra, sull’acqua, in aria e nello spazio) rappresenti “un inutile spreco di risorse”, secondo il loro parere meglio utilizzabili in “più concreti esperimenti, magari mirati al raggiungimento di maggior sicurezza, più elevata economia nei consumi o migliore affidabilità dei componenti”. Le affermazioni sono, senz’altro, degne della più alta considerazione possibile, pur se è da notare che non vi sarebbe nulla da migliorare se qualcuno, al di fuori di tutti gli schemi ortodossi, non avesse inventato (materializzato) motore a scoppio, motocicletta, automobile, imbarcazioni a motore, aereo e razzi, seguendo semplicemente l’obiettivo di realizzare un’idea “prima” giudicata  impossibile proprio da tecnici e scienziati.

Seguendo il medesimo iter “passionale” si è arrivati, dieci anni fa, a superare la velocità del suono con un veicolo terrestre, nonostante non esistessero (o non fossero ancora stati formulati) principi teorici favorevoli ad una simile possibilità.

A ulteriore sostegno di questa tesi non devono essere dimenticate le date: la prima automobile funzionante, la Benz del 1886, fu seguita dopo soli dodici anni (1898) dal primo record “ufficiale” di velocità su terra a 63,150 km/h. Se pensiamo che all’epoca le “carrozze senza cavalli” dovevano essere precedute da un valletto appiedato che avvisasse la cittadinanza del sopraggiungente “potenziale pericolo” (“Red Flag Act” inglese), ci ritroviamo a ripetere un ragionamento valido (forse) centodieci anni fa, quando le “auto-mobili” si contavano sulle dita di una mano in un’intera Nazione.

Se non tutti gli uomini (e le donne) sono in grado di realizzare un quadro, una scultura, una composizione musicale, un poema, un film degni di essere tramandati ai posteri, non per questo gli “Autori” vengono criticati come realizzatori di qualcosa “che non è alla portata di tutti”: vogliamo, definitivamente, gratificare i “recordmen” e le “recordwomen” con la qualifica di “Mestri nell’arte della guida”?

Qualora si nutrissero dubbi sull’attribuzione della qualifica c’è sempre la possibilità di verifica personale: a fine Agosto di ogni anno, sui Bonneville Salt Flats, ci si può cimentare nella conquista del “cappellino rosso”, unico premio riservato a chi riesce a superare il limite delle “200 miles per hour”  (320 km/h) sul miglio lanciato: in fin dei conti si tratta “soltanto” del 50% della velocità raggiunta da un veicolo mosso da motore a scoppio (quarant’anni fa), o poco più di un quarto della velocità del suono. Iniziate a preparare il veicolo ...

I “Land Speed Records” (LSR o Records di Velocità su Terra) hanno, comunque, appassionato intere generazioni di Costruttori (partendo da Henry Ford), Piloti, Preparatori, Tecnici, Giornalisti e semplici appassionati di motorismo: probabilmente perchè, accanto alle avventure legate alle scoperte geografiche, rappresentano l’essenza dell’uomo, racchiusa nell’espressione “sport estremi” la quale, a sua volta, presuppone l’impiego di conoscenze e capacità non comuni.

Durante un periodo lungo poco più cent’anni la velocità raggiungibile da un veicolo terrestre è passata dai 63,150 km/h del Conte Gaston de Chasseloup-Laubat su “Jeantaud” (veicolo elettrico con trasmissione a catena e potenza stimata in 36 cavalli) a 1227,52 km/h (SuperSonicCar “Thrust SSC” pilotato dal Colonnello della R.A.F. Andy Green) il 15 Ottobre 1997. In estrema sintesi la velocità massima di un veicolo si è moltiplicata del fattore 19,4. Questo dato assume un’importanza del tutto relativa qualora si esamini il numero dei tentativi, reiterati e successivi, per arrivare a questo dato: non meno di 82 “prove omologate” si sono verificate più o meno regolarmente lungo un intero secolo, con una progressiva diminuzione negli ultimi quarant’anni evidentemente dovuta alle difficoltà intrinseche nella realizzazione materiale dei veicoli. Ma proprio in questi ultimi quarant’anni la velocità è “quasi raddoppiata”: dai 648,64 km/h di Donald Campbell (1964) agli oltre 1200 di Andy Green.

Molti testi sono stati scritti sugli uomini e sulle macchine da loro (direttamente od indirettamente) realizzati per raggiungere l’invisibile traguardo di un record. Tutti, quale più, quale meno, presentano lacune od imprecisioni dovuti a notizie di seconda mano od alla fretta dell’Editore. Per capire il processo evolutivo della massima velocità raggiungibile da un veicolo terrestre consiglio senz’altro “The Land Speed Record” della Brooklands Books (inglese) in cinque volumetti, un’opera che riporta fedelmente le impressioni “a caldo” pubblicate sui periodici motoristici contemporanei alle varie tappe, molto intelligentemente integrate da un breve commento “attuale”. Una lettura che ho sempre consigliato a tutti i miei amici è più difficile da reperire: si tratta di un articolo, dovuto a Wayne Thoms e pubblicato sul numero di Febbraio 1966 da “Motorcade”, una poco nota rivista motoristica americana: è, molto semplicemente, la cronaca dal vivo dei tentativi caparbiamente condotti dai fratelli Summers nell’autunno 1965 per riportare negli U.S.A. il L.S.R. relativo a “veicoli con trazione sulle ruote e motore/i a combustione interna”, quando già da due anni il Land Speed Record era stato conquistato dai veicoli a reazione di Craig Bredlove, Tom Green ed Art Arfons.

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La “Stanley Steamer” (vettura a vapore) che stabilì uno dei primi primati di velocità sulla sabbia di Daytona Beach, nel 1906. Quella raffigurata è una perfetta replica esposta nel Museo della Speedway di Daytona.

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La “Mormom Meteor” di Ab Jenkins, l’uomo che per primo utilizzò a fini velocistici i Bonneville Salt Flats.

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“Challenger I”, costruito e pilotato da Mickey Thompson, ex tipografo del Los Angeles Time, hot rodder ed imprenditore: con questo veicolo dotato di quattro 8V Pontiac, arrivò ad un passo dal record.

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“Blue Bird” di Sir Malcolm Campbell, motorizzato da un turbina aereonautica Bristol-Siddely Proteus ma con propulsione sulle ruote. Il primo veicolo ad infrangere “ufficialmente” la barriera delle 400 mph.

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“Goldenrod” dei fratelli Bill e Bob Summers, il primo “hot rod” capace di battere, e detenere per decenni, un L.S.R. Il veicolo è attualmente in fase di restauro negli U.S.A.

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“The Blue Flame” di Gary Gabelich (un altro hot rodder yankee) il primo veicolo a razzo capace di conquistare un L.S.R. con la velocità di oltre 622 mph.

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“Turbinator” l’ennesimo hot rod di Don Vesco, titolare di molti records sui Salt Flats, mosso da una turbina Lycoming. 455 mph ed oltre.

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“Thrust 2” di Richard Noble, motore a reazione e 633 mph. Uno dei tentativi condotti nel deserto di Black Rock, in Nevada.

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Il primo veicolo al mondo capace di superare la barriera del suono su terra: “Thrust SSC” di Rochard Noble, pilotato da Andy Green. Ancora Black Rock, Nevada.

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“American Eagle” è, senza mezze misure, un aereo supersonico (Lockheed F-104 Starfighter) privato delle ali. Notare il pattino anteriore e le due piccole ruote che ricordano ancora il carrello di un caccia. Progetto americano per riportare in Patria il più ambito L.S.R.

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