Sidebar-top02
Euro_flag02
Italia02
GB_flag02
USA02
childsafe
Out of the Track03
Jeep-502

E’ pacifico come il percorso casa-ufficio o l’estenuante incolonnamento in prossimità dei caselli autostradali non rappresentino l’ideale per assaporare le qualità di un veicolo ed è discutibile l’affermazione secondo la quale, in quelle condizioni, si possa esercitare la capacità di guida, sempre tenendo conto della teorica libertà che un mezzo motorizzato dovrebbe garantire.

In un Paese nel quale la motorizzazione di massa data dai primi anni venti del secolo scorso è anche logico che qualcuno tentasse attività, percorsi e discipline svincolate dai nastri d’asfalto o dai tracciati convenzionali: gli hot rodders, sempre pronti ad inventarsi “l’impossibile”, sono responsabili, diretti od indiretti, delle discipline capaci di regalare emozioni irripetibili nel fuoristrada, in aria ed in acqua.

Si può ben comprendere come chi abbia immaginato i sentimenti provati dai teenagers che, per primi, scoprirono le accecanti distese dei lakes, si sentisse autorizzato a descrivere fantasiosamente l’eccitazione provata nell’osservazione di una piana, piatta come un biliardo, lunga più di venti chilometri, che già lasciava presagire il raggiungimento di velocità neppure pensabili sull’asfalto di un viale cittadino, per lungo e largo che fosse.

D’altro canto, chi era stato costretto, sulle stradine allagate o gelate che si snodano sui contrafforti degli interminabili altipiani europei, a procedere dal punto A al punto B, “qualsiasi cosa capiti”, durante gli inverni della Seconda Guerra Mondiale, aveva ben chiara la potenzialità di un veicolo 4x4 e, probabilmente, non vedeva l’ora di provare, in tutta tranquillità, i percorsi “impossibili” del Colorado e dello Utah.

Infine gente abituata a sbarcare su coste inispitali per il fuoco di sbarramento od a sfuggire alla caccia nemica volando a meno di cento metri da terra, riteneva, nel dopo-guerra, un gioco da ragazzi accelerare in acqua o far rivivere i fasti della Coppa Schneider, vicino a casa, “for fun”.

Nell’affrontare i temi “out of the track” dello hot rodding è importante avere ben presente la definizione di “hot rodder” fornitaci da Dan Roulston ed accettare l’allargamento dal concetto di automobile (cui si riferiva il Giornalista americano) a quello di “tecnica” proposto in questo sito.

A nessuno era mai venuto in mente di sfruttare un trattore, destinato a trascinare rimorchi carichi di vegetali, per impiantare una competizione che si svolgesse su una tratta di sterrato cortissima, giustificandola con l’impiego di due uomini dello stesso equipaggio che, sembra, “tirano ciascuno dalla sua parte”, ma questo sport-spettacolo è sbarcato anche in Europa e, udite, udite, è praticato, con larghissimo afflusso di pubblico, in alcune Regioni d’Italia.

Dall’altro lato dell’angolo visuale dello hot rodder un rettifilo d’asfalto lungo oltre quaranta chilometri, sufficientemente largo, privo di ostacoli ai lati e generalmente poco trafficato, “impone” che una Corvette altamente modificata od una GT d’epoca, possano verificare quale era, od è, la sua effettiva velocità massima su strada. E’ sufficiente ottenere il permesso a chiuderla al traffico ed utilizzare la linea di mezzeria come guida per il mantenimento costante della traiettoria rettilinea.

Se poi non è assolutamente possibile, a causa di mille ed una ragioni di varia natura, provare le doti di manovrabilità di una qualsiasi “daily driven”, un’occhiata al parcheggio deserto del Supermercato e la casuale presenza di coni di gomma e fettucce usate dall’Impresa incaricata di risfaltare il piazzale, fanno scattare, nello hot rodder, l’idea del “solo racing”. Dove è possibile inventarsi la copia esatta della “parabolica” di Monza, ripetere il parcheggio in retromarcia nell’angusto box di casa e qualsiasi altra cosa per verificare, e migliorare, la propria reale capacità di guida.

Tutti coloro i quali sostengono che, in Italia ed in Europa, non esistono nè hot rodders, nè le “condizioni ambientali adatte”, hanno, in parte, ragione, perchè, a dispetto delle nostre orgogliose affermazioni, nel Vecchio Continente, agli inizi del Terzo Millennio, manca la fantasia.

Quando in Italia circolavano poche Lancia Aurelia ed ancor meno Alfa Romeo o qualche rara Maserati, il poco noto rettifilo di Terracina (Strada Statale n. 7 “Appia”, da Cisterne di Latina a San Silviano) era già frequentato, nottetempo, da gentleman drivers i quali avevano anticipato (illegalmente) le prove di alta velocità su strada che, dalla fine degli anni ottanta, si disputano regolarmente, con permessi rilasciati dalle Autorità Statali, su alcuni tratti della rete viaria americana, rigorosamente in solitario, contro il cronometro.

Chi ha disputato, e disputa, Campionati di motonautica, conosce benissimo i siti dove sarebbe possibile, se solo esistesse la regolamentazione adatta, praticare il drag boating, anche iniziando dalle moto d’acqua (oggigiorno malamente impegnate in caroselli nelle vicinanze del bagnasciuga) e senza tirare in ballo la reale indisponibilità dei “cockpits” di un F 16.

Per finire è utile ricordare che il “fuoristrada” (modernizzato discendente della “Jeep”) non era stato concepito per impressionare i possessori di “anonime limousines”, nè, tantomeno, per trasportare quattro buste e due cestelli di acqua minerale, il sabato pomeriggio, dall’ “iper” a casa. Coloro i quali frequentano le cosiddette “strade militari” od i sentieri “tagliafuoco” sull’accidentata superficie del nostro montagnosissimo Bel Paese, saranno entusiasti nel fornire adeguate e puntuali conferme sottolineate dalla descrizione di ciò che “è possibile vedere, fare e provare” alla guida di un 4WD, anche se non monumentale.

OotT-air02
OotT-boat02
OotT-4WD02
OotT-Bnv02
OotT-tract02
OotT-trk02
OotT-Fly02
translation-f02
designFC02
envelope
business-card02
phone
my Banner
outlook02