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Nella natura selvaggia ci sono sorgenti che la gente non frequenta, e acque rinfrescanti di cui nessuno sa nulla. Per trovarle basta abbandonare le regioni conosciute, studiare il nuovo territorio, avere l’onestà di riconoscere i propri errori e confidare nella provvidenza” Robert Laughlin, Premio Nobel per la Fisica nel 1998. Frase tratta da “Un Universo Diverso”, Codice Edizioni, 2005.

“Orientarsi verso l’informazione giusta è solo il primo passo”. Ho cercato di attenermi a questa massima di Gary Marcus (Direttore del Centro di Apprendimento del Linguaggio Infantile presso l’Università di New York) nell’indicare dove è possibile reperire informazioni sullo hot rodding, a quale periodo si riferisce la notizia e perché potrebbe essere importante.

La stragrande maggioranza delle informazioni è scritta in lingua inglese: la qual cosa giustifica, almeno in piccola parte, la scarsissima propensione, anche da parte di Giornalisti specializzati, ad approfondire attingendo a fonti che non siano immediatamente comprensibili. Se si aggiungono il diffuso impiego di termini e fraseologia in slang tecnico o popolare, i riferimenti a luoghi, eventi e personaggi dei quali non si conoscono l’ubicazione o le origini, e la pronuncia parlata di ciò che si è abituati a leggere, ecco spiegato come non sia possibile collegare “drag-roadster” alla sua contrazione in “dragster”. In questo senso è ancor più difficile capire che “Big Daddy”, a seconda del contesto, può riferirsi a Ed Roth od a Donald Garlits e, quando non si conoscono né l’uno, né l’altro, la conclusione è solo uno stato di dubbio amletico, perturbato da ulteriori eventuali riferimenti specifici alla Dodge o più vaghi alla Chrysler ed al propulsore Hemi.

Nell’affrontare il tema “hot rodding” è necessario, innanzitutto, tenere presente che si tratta di un fenomeno di costume sbocciato subito dopo la presentazione della Ford “model T”, in un Paese nel quale la “motorizzazione di massa” ha preceduto di almeno trent’anni quella europea, in un ambiente estremamente reattivo alla diffusione, imitazione e modificazione di una qualsiasi tendenza: se fosse possibile esaminare dettagliatamente tutti gli hot rods basati su una carrozzeria Ford “model T” è quasi certo che sarebbe impossibile ritrovarne due uguali, addirittura prescindendo dal “paint job” applicato alla carrozzeria e dal “model year”  di quest’ultima.

Il fatto più sottovalutato, almeno fino ad oggi, riguarda la diffusione del fenomeno stesso. Non è possibile valutare quanto siano conosciuti, a livello di “gente della strada”, i progressi compiuti nella scienza astrofisica o gli sviluppi della biologia molecolare: un giornalista serio non avrebbe dubbi nel tentare, almeno, un’indagine a campione. Coloro i quali hanno, malamente, tentato di “capirci qualcosa” nello hot rodding, fino ad oggi hanno approfittato di trasferte organizzate con tutt’altro scopo in mente per arrivare a conclusioni azzardate: “gli hot rods non sono comuni come i taxi, negli U.S.A.” è un’affermazione che contiene una parte di verità, ma qualora si sappia che la “sentenza” è stata sparata dopo aver camminato una mattinata lungo la Fifth Avenue a Manhattan il suo valore è praticamente nullo. Trecentocinquanta piste per l’accelerazione, mille impianti dedicati al turning-left e migliaia di siti frequentati (secondo calendari diffusi tramite il classico passaparola) dai “cruisers” urbani non sono assolutamente inclusi nella formulazione “presa per buona” dai lettori del Solone che, purtroppo, ha avuto la faccia-tosta di renderla pubblica.

L’indicazione delle fonti utili a comprendere anche vagamente, nascita, storia e sviluppi non risolve certamente il problema della (ormai cronica) scarsità di notizie rese dai Media italiani a proposito di “sports motoristici nord-americani”. E’, invece, importante come aiuto nella comprensione della complessità dell’argomento (pari a quello della tecnica in Formula 1) che, per questa semplice ragione, non può e non deve essere liquidato per una presunta “inadeguatezza rispetto al pubblico italiano od europeo”: se un giornalista riesce a spiegare  il concetto di “portanza” ad un fan di Shumacker per quale astruso ragionamento non dovrebbe potergli spiegare il medesimo concetto applicato all’alettone di un Top Fuel?

Attraverso la ricostruzione, a volte per nulla agevole e spesso contradditoria, delle memorie riportate in articoli, libri, canzoni e films è possibile capire per quali motivi ed attraverso quali fortunose peripezie si è arrivati alla costituzione ed allo sviluppo di Organismi sportivi (e non) a livello nazionale, i quali, oggi, sono capaci di coagulare l’interesse di milioni di fans, avvalersi della collaborazione di centinaia di persone e movimentare sponsorizzazioni ammontanti a centinaia di milioni di dollari.

In questo contesto non deve stupire nessuno se vengono citati veri e propri “documenti storici” (del tutto ignorati in Europa) che hanno influenzato le scelte di politica industriale e commerciale adottate da grandi Fabbriche di automobili e favorito lo sviluppo di un settore economico che in Europa sta appena formandosi a semplice livello di nicchia molto specializzata. D’altro canto anche le Forze Armate, una volta capito il contributo generoso offerto ai teenagers, puntarono sullo hot rodding e sulle indiscusse abilità degli hot rodders, per farne una leva di reclutamento (vedi inserzione U.S.A.F. a piè di pagina).

Gli approfondimenti proposti comprendono anche il modellismo e non poteva certo mancare la massiccia presenza di siti, portali e forums su Internet.

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